Il metodo Fiorelli

"Finora si è scoverto templi, case ed altri oggetti che interessano la curiosità delle persone colte, degli artisti e degli archeologi; ma ora tu, o mio Fiorelli, hai scoverto il dolore umano, e chiunque è uomo lo sente", scrive Settembrini il 13 febbraio 1863.

Uno dei punti di interesse di più impatto emotivo per chi viene a visitare gli scavi di Pompei sono sicuramente i famosi calchi. Come non rimanere impressionati davanti ai corpi di quelle vittime sorprese dalla furia del Vesuvio nel 79 d.c? Le espressioni dei loro volti, le pieghe dei vestiti, le posizione contorte dei loro arti: tutto questo è oggi visibile grazie ai calchi in gesso realizzati dall'archeologo Giuseppe Fiorelli nella seconda metà dell'Ottocento. Come un'istantanea di quei terribili giorni.


Cos'è il metodo Fiorelli

E' un metodo che,  perfezionatosi nel tempo, è utilizzato ancora oggi,  ed è molto semplice.
Consiste nell'effettuare una colata di gesso e acqua nel vuoto creatosi a seguito dell'indurimento della cenere nelle cavità lasciate dai corpi che si sono decomposti all'interno del materiale vulcanico. Una volta asciugato il gesso è possibile procedere allo scavo del terreno circostante e portare alla luce il calco.

Oggi la tecnica si è così avanzata che è possibile vedere in maniera ancora più dettagliata le ptracce dei tessuti, dei vestiti, i lineamenti dei volti, le vene delle mani, in cui sembra ancora scorrere il sangue.

l'Eruzione

La prima fase dell'eruzione vide cadere dal cielo lapilli (una specie dei grandine di pomice) che ricoprirono  le strade, i cortili e tutti gli spazi aperti. Questo materiale vulcanico si depositò per un altezza di circa 3 metri. Diversi tetti delle abitazioni crollarono per i peso. 
Di chi morì intrappolato negli ambienti e investito dai crolli rimangono solo gli scheletri.

Una seconda fase vide invece invadere la città da un susseguirsi di flussi piroclastici (le nubi ardenti, caratterizzate da una forte velocità e un'alta temperatura), la cui cenere riempì ogni spazio vuoto rimasto. 
Chi venne colpito morì per shock termico. I loro corpi vennero coperti di cenere che solidificandosi ha mantenuto la forma delle sostanze organiche che si sono decomposte. 
Perciò sono rimaste le impronte non solo dei corpi degli uomini,  ma anche di animali, radici di piante, porte di legno, armadi.

Negli scavi di Pompei di calchi ce ne sono poco più di un centinaio.

N.B: tenete a mente che questi calchi non sono solo gesso ma erano persone. Perciò quando vi troverete a visitarli, fatelo con il massimo rispetto.

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